venerdì 11 maggio 2007

Intervento consiliare del 2 aprile 2007 sulla statalizzazione dell'Università di Urbino

Il gruppo consiliare di Rifondazione Comunista esprime grande soddisfazione per la felice conclusione dell’iter di statalizzazione dell’Università di Urbino. Si tratta di una battaglia che il nostro partito porta avanti con coerenza da sempre, spesso contro tutti e tutto. Oggi possiamo dire con orgoglio di averci visto giusto e di averlo fatto molto prima di tanti altri.
Ringraziamo il Magnifico Rettore Giovanni Bogliolo e tutti gli organismi dirigenti dell’Università per aver portato a termine questo percorso e ringraziamo la Giunta e il Consiglio comunale per averla sostenuta. Ringraziamo soprattutto i lavoratori dell’Università, il personale docente e quello tecnico-amministrativo, i ricercatori precari e i lavoratori trimestrali e a tempo determinato, per aver garantito anche in condizioni di grande difficoltà il normale funzionamento di un’istituzione che ha saputo raggiungere negli ultimi anni importanti punti di eccellenza. Ricordiamo infine quanti, anche in quest’aula, già a partire dalla metà degli anni Sessanta si sono battuti per questo risultato storico.

A prescindere dalla nostra posizione di principio, che sostiene la priorità della proprietà pubblica su altre forme giuridiche, la statalizzazione era per l’Università di Urbino l’unica via di salvezza e l’unica occasione possibile di rilancio. Da tempo i bilanci dell’Università evidenziavano un netto squilibrio dovuto ad un deficit dal lato delle entrate. Era finanziariamente impossibile mantenere un’Università con circa 20mila studenti, con le spese obbligatorie per personale e servizi che questa comporta, attraverso le scarse risorse messe a disposizione dalla legge speciale. Somme che, d’altro canto, provenivano esse stesse dallo Stato. Anche se l’avessimo voluto, non sono presenti poi sul nostro territorio soggetti privati interessati a finanziare l’Università o economicamente attrezzati a farlo.
Noi pensiamo che anche in passato la tanto decantata “libertà” del nostro Ateneo abbia provocato più problemi che vantaggi. Pensiamo ai danni di una gestione arbitraria e personalistica, poco rigorosa sul piano finanziario e svincolata da ogni controllo. In ogni caso, dopo la legge che istituiva l’autonomia di tutte le università italiane, non c’era più differenza tra Urbino e gli altri Atenei e questa “libertà” ci differenziava unicamente per il fatto che ricevevamo dallo Stato una somma inferiore. Essa ci privava cioè dell’unica libertà realmente efficace: la libertà dal bisogno.
Il governo di Centrodestra ha avuto 5 anni di tempo per risolvere i nostri problemi. Nell’ambito di una politica generale della formazione disastrosa, che ha visto un taglio netto dei finanziamenti a tutte le agenzie formative (mentre contemporaneamente aprivano fantomatiche università nei più sperduti paesi e venivano accreditate decine di sedicenti università telematiche), quel governo ha saputo però offrirci alla fine soltanto dei rimedi palliativi.
Intanto, in questi 5 anni l’Università ha sofferto profondamente. Sono state ridotte al minimo tutte le spese di funzionamento. E’ stato azzerato il turnover attraverso il blocco totale delle assunzioni a tempo indeterminato. Sono stati decurtati anno dopo anno i budget di facoltà e tagliati i fondi di ricerca. Docenti importanti hanno chiesto il trasferimento, indebolendo la nostra offerta formativa. Insomma, in queste condizioni non è una colpa aver statalizzato l’Università ma lo è semmai averlo fatto tardi. Chi tra le forze d’opposizione ha ostacolato questa scelta, e chi persino nella maggioranza l’ha rallentata, ha fatto del male all’Università e si è assunto gravi responsabilità. Oltretutto, questa opposizione si è manifestata in forme becere, attraverso una volgare campagna terroristica che gettava fango sulle istituzioni e sollecitava gli istinti più retrivi della città.
Per onestà intellettuale, bisogna allora dire che il governo di Centrodestra aveva in effetti fatto, per un breve istante, ciò che mai ci saremmo aspettati. Aveva cioè indicato la strada della statalizzazione come unica via percorribile, mentre la Camera dei Deputati aveva votato all’unanimità un’indicazione in tal senso. Ancor più grave dunque la responsabilità degli esponenti locali della Casa delle libertà, che nella loro miopia hanno fatto pressioni per evitare questo esito e hanno preferito esporre l’università al pericolo della bancarotta piuttosto che seguire le indicazioni del proprio stesso governo. E’ una gradevole ironia della sorte, perciò, il fatto che oggi il Ministro Mussi statalizzi finalmente l’Università sulla base di un decreto legge emanato a suo tempo proprio dall’ex Ministro Moratti!

Oggi l’Università di Urbino è salva e con un bilancio preventivo di 46,5 milioni di euro per il 2007 abbiamo le risorse per un suo rilancio. Certamente non tutti i problemi sono risolti, né mancano le difficoltà e le contraddizioni. E’ necessaria una riorganizzazione del funzionamento dell’Università e una razionalizzazione complessiva, con la formazione dei Dipartimenti e l’accorpamento dei corsi di laurea scarsamente frequentati. E’ necessaria una riduzione dei centri di spesa e una rigorosa allocazione delle risorse che premi l’efficienza e i servizi offerti agli studenti. E’ necessaria una politica del personale meritocratica. Ma è anche necessario evitare ogni politica dei “due tempi” e rilanciare sin d’ora lo sviluppo dell’Università, a partire dall’assunzione di una generazione di ricercatori ex giovani ed eternamente precari, senza i quali l’Università non avrebbe potuto resistere e verso i quali abbiamo un debito. Bisogna inoltre procedere ad avanzamenti di carriera legati al merito e alla produttività e arrivare presto ad un incremento dei fondi di ricerca. Si tratta di scelte indispensabili per ricostituire un'offerta formativa valida, che punti sulle lauree specialistiche e scongiuri l'evidente fenomeno di "licealizzazione" della nostra Università, così come per prevenire la fuga in massa dei migliori docenti. Bisogna procedere alla riscrittura dello statuto e dei regolamenti per garantire un ammodernamento dell'Università, assieme al riconoscimento dei diritti di rappresentanza dei ricercatori (presenza in Senato Accademico e diritto di eleggere presidi e Rettore). Infine, Urbino deve coordinarsi con le altre Università statali e svolgere una pressione costante sul governo nazionale affinché maggiori risorse vengano dedicate alla ricerca e alla formazione, come previsto dallo stesso programma del Centrosinistra.Mentre dovremmo discutere di questo rilancio, però, chi sinora ha ostacolato si rifiuta di riconoscere il proprio errore. Ancora oggi sparge paure irrazionali e, pieno di livore, attacca chiedendo le dimissioni del Rettore e del Cda. Bisogna stare attenti. Questi attacchi mirano a delegittimare non solo l'attuale Rettore e l'attuale Cda ma la composizione stessa del Cda: in esso sarebbero presenti troppi docenti e di conseguenza si realizzerebbe un conflitto di interessi tra "controllori" e "controllati". Attraverso un uso strumentale dei rappresentanti degli enti locali e di imprecisate categorie territoriali, si punta ad una sorta di commissariamento che metterebbe in discussione il principio dell'autonomia dell'Università. Riteniamo che, fatta salva la necessità di controlli rigorosi, tale autonomia vada invece salvaguardata accuratamente da ogni ingerenza esterna, di natura sia politica che economica (come se il peso di questi interessi dentro l’Università non sia già molto forte). Noi ci batteremo perché questo non accada e invitiamo in d’ora gli altri partiti della maggioranza a respingere ogni richiesta che, usando strumentalmente la questione seria e reale della governance delle università, vada in questa direzione.